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Depressione post partum: 3 milioni alle Regioni per progetti regionali di diagnosi, cura e assistenza delle donne e della famiglia

Quattro gli obiettivi dell’intesa Stato Regioni all’ordine del giorno nella seduta di oggi (l’esame è stato però rinviato): offrire alla donna materiale informativo sul disagio psichico; individuare precocemente la popolazione a rischio; implementare i fattori di benessere psichico e valutazione a posteriori del trattamento messo in atto. L’INTESA.

Diagnosi, cura e assistenza della sindrome depressiva postpartum: quattro obiettivi principali, per la cui realizzazione le Regioni avranno a disposizione 3 milioni di euro stanziati da un ‘apposita intesa in Stato Regioni all’ordine del giorno della seduta odierna, ma su cui i governatori hanno chiesto il rinvio per chiarire alcune questioni tecniche.

Questi i 4 obiettivi concordati:

  1. offrire attivamente alla donna e ai familiari, nell’ambito del percorso nascita, materiale informativo e di sensibilizzazione sull’importanza del disagio psichico e sull’opportunità di un intervento precoce, gia disponibile o di nuova realizzazione;
  2. individuare precocemente la popolazione femminile a rischio di disagio psichico e psicosociale perinatale attraverso la somministrazione di strumenti di valutazione standardizzati, anche prevedendo nei Punti nascita o attraverso i Servizi sanitari territoriali l’offerta attiva, sia alla donna che alla coppia, di colloqui psicologici che favoriscano il superamento de disagio e l’attivazione e ii rafforzamento delle risorse personali utili ad affrontare la nuova situazione:
  3. implementare i fattori protettivi del benessere psichico mediante azioni di sostegno alle donne a rischio per ridurre l’incidenza e la gravita dei disturbi psichici in epoca perinatale, anche favorendo positive competenze genitoriali per assicurare al bambino un ambiente adeguato a sostenere lo sviluppo psichico;
  4. postvalutazione mediante  la somministrazione gli stessi strumenti  di screening  e di valutazione utilizzati nella fase iniziale per  valutare  l’efficacia  del  trattamento-intervento messo in atto.

I rischi psichici maggiormente rappresentati sono: il rischio depressivo, il rischio ansioso, il rischio ansioso e depressivo.
I fattori di rischio psicosociale, a rischio moderato ed elevato, più rappresentati nella letteratura scientifica internazionale risultano essere: numerosità della prole, assenza supporto sociale, trasferimenti, assenza del partner, precedenti Ivg, precedenti aborti, patologie gravidiche, minacce di aborto, fecondazione assistita, difficolta di concepimento , lutti, maltrattamenti subiti, maltrattamenti assistiti, separazione, conflittualità con il partner, conflittualità familiare, perdita del lavoro, difficolta economiche.

In particolare vari studi hanno evidenziato l’ effetto negativo della assenza del supporto sociale e della assenza de! partner sulla capacita genitoriale delle donne.
Il documento inoltre sottolinea che con “assenza de! partner” non ci si riferisce esclusivamente all’assenza isica de! padre del bambino, ma anche (se fisicamente presente) alla sua indisponibilità emotiva a fornire sostegno, contenimento e rassicurazione alla donna, durante la transizione alla genitorialità.

Gli interventi di sostegno alle donne a rischio di disagio psichico perinatale devono prevedere  un approccio multi-professionale e multi-disciplinare, nell’ambito dei servizi sanitari regionali, ospedalieri e territoriali , in un’ottica di continuità assistenziale e stretta integrazione.

Le azioni previste nel piano di trattamento devono anche utilizzare risorse quali, ad esempio: accesso ai corsi di accompagnamento alla nascita e  alla genitorialità, visite domiciliari da parte delle ostetriche e delle assistenti sanitarie per le cure neonatali in particolare dove ii disagio psichico si accompagna a quello sociale, presenza di operatori per il supporto alla relazione madre-bambino, corsi di allattamento, infant massage, ecc.
E’ opportuno che i trattamenti siano differenziati in base alla gravita de! rischio.

Da Quotidiano Sanità

26 Gennaio 2018

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